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Alessio Boni e il metodo Fenoglio: “Un maresciallo dei Carabinieri la cui arma è l’empatia”

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(di AGATA PATRIZIA SACCONE) – C’è tanto di Alessio Boni nel maresciallo Pietro Fenoglio, che l’attore interpreta nella serie televisiva trasmessa da Rai 1 tratta dalla trilogia dei romanzi di Gianrico Carofiglio. Ambedue del settentrione d’Italia innamorati del sud della penisola, entrambi uomini di cultura e dotati di spiccata empatia.

“Quando mi hanno chiamato dalla Clemart per farmi leggere i tre romanzi di Carofiglio sono stato colpito da questo carabiniere degli anni 90, che dal Piemonte arriva in Puglia in un periodo di cruenta guerra tra cosche” -rivela Alessio Boni-. “Io non conoscevo il personaggio, ma mi ha subito colpito lo scritto di Carofiglio e il carattere di questo suo protagonista, un tutore delle forze dell’ordine che magari nella vita avrebbe preferito fare il letterato data la sua passione per la cultura, l’arte, la musica classica. Da Torino si ritrova a Bari,  in una città soffocata dalla macrocriminalità. Lui osserva con gli occhi di chi non è del posto e il coinvolgimento è da elemento terzo. Si avvale del suo grande intuito investigativo, che gli consente di mettere raccogliere indizi, assemblarli come fosse un puzzle e arrivare alla verità del crimine, senza mai giudicare a priori, nemmeno il peggior criminale. E’ il suo metodo, il ‘metodo Fenoglio’.

-Questo anche il titolo della fiction, diretta da Alessandro Casale con la sceneggiatura di Antonio Leotti, Doriana Leondeff e Oliviero Del Papa, insieme allo stesso Carofiglio

“Si è fatta una crasi dei tre romanzi ed è nata la serie per la Rai Fiction. Non è una storia rassicurante, cita o si rifà a fatti di cronaca accaduti. Carofiglio ha tratto ispirazione dalle sue esperienze di magistrato in quegli anni. Fondamentale perciò averlo accanto durante le riprese: eravamo sempre in contatto, mi ha presentato il personaggio, il suo pensiero analitico, il suo non essere qualunquista nei sentimenti, la sua famiglia d’origine, com’era arrivato a quel concorso per entrare nell’Arma (fatto per mantenere una promessa e vinto facilmente grazie alla sua straordinaria intelligenza), la sua filosofia basilare fondata sul principio che ‘nessuna persona sceglie in quale contesto nascere’. Il suo metodo nel seguire un filone investigativo, con quella lucidità chirurgica magari spesso criticata da colleghi e superiori, lo porta a calarsi appieno nel lavoro, anche sacrificando talvolta la vita privata, per studiare e avvicinare il nemico, capire come ragiona, trattarlo con quel senso di rispetto che lo annienta e rende alla fine inutili persino le manette ai polsi. Lo diceva pure Giovanni Falcone: ‘per entrare nei meandri della mafia e debellarla devi innanzitutto conoscerla’ “.

-Quattro mesi di set a Bari, città che riscopriamo anche attraverso le fiction. Prima del carabiniere Fenoglio, la poliziotta Lolita Lo Bosco…

“Una gran bella città, rinata rispetto all’epoca vissuta da Fenoglio. Vi ho trascorso l’intero periodo delle riprese con la mia famiglia accanto. Sono stati mesi meravigliosi. Ed è anche merito della film commission pugliese, molto seria, che la si sta riscoprendo in tutto il suo splendore”.

-Le fiction Rai sono sempre premiate dall’Auditel. La televisione tiene banco inoltre anche per effetto del proliferare di piattaforme. Tutto ciò a discapito del cinema?

“Il cinema soffre da parecchio tempo, lo salvano quei film che sbancano il botteghino per la loro storia forte, come quello recente della Cortellesi, che comunque fanno ben sperare. Oggi andare al cinema è un evento, noi dobbiamo sostenerlo, non perdere l’abitudine salutare di staccare tutto e vedere un film perdendo la cognizione del tempo”.

-Un po’ come il teatro, tua grande passione: a proposito, presto il sipario si alzerà sull’Iliade e ti vedrà impegnato sul palcoscenico in giro per l’Italia…

“Al debutto gioco in casa, al Teatro Donizetti di Bergamo il 12 dicembre. Poi saremo con gli Dei fino ad aprile 2024”.

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