TaoMusic Award categoria Talent alla giovane Angelica Gori, in arte Chiamamifaro. Lo riceve nello scenario imponente del Teatro Antico di Taormina, un palcoscenico prestigioso che hanno calcato star famosissime della musica, della danza, del cinema.
“Il Teatro Antico di Taormina è davvero uno scenario mozzafiato. È sicuramente il posto più bello dove mi sia mai esibita e sono onorata di ricevere questo premio per la mia musica. È una grandissima soddisfazione, come tante altre cose successe in quest’estate così movimentata, che però cerco sempre di vedere sempre come punti di partenza e mai come linee di arrivo”
Chiamamifaro è il nome che hai scelto per legarlo al tuo progetto, al tuo personaggio e alla tua voce che nel panorama musicale italiano si proietta tra le più interessanti della scena cantautorale di nuova generazione. Spieghiamo la genesi di questo singolare nome d’arte quando in tanti preferiscono il semplice nome di battesimo?
“Il mio nome è un po’ particolare, è vero. Chiamamifaro perché, quando ero ragazzina, andavo sotto un faro a suonare la mia chitarra al tramonto e quindi per me il faro, oltre ad essere un posto del cuore, è anche il luogo in cui ho deciso per la prima volta che avrei voluto provare a fare musica nella mia vita”.
Rispetto ai primi passi e agli esordi di appena qualche anno fa, come si sta evolvendo il progetto? Raccontaci di questo percorso e anche del filo conduttore che lega le canzoni del nuovo EP…
“Sicuramente sono cambiata tanto in questi cinque anni di musica: ho pubblicato le mie prime canzoni nel 2020 e rispetto all’Angelica di allora mi sento più adulta più consapevole e più sicura della mia musica. Ma credo di non aver perso quel fuoco e quella fame che mi hanno fatto cominciare all’inizio. Voglio bene all’Angelica di cinque anni fa e anche lei fa parte dell’ultimo disco, che infatti racconta di viaggi. Viaggi veri, che ho fatto e viaggi intesi come percorsi di vita: amicizie, amori che nascono e che finiscono. E in ogni viaggio, in ogni canzone che racconto in questo disco, ci sono tutte le cose che ho perso per strada e tutte le cose e le persone che ho trovato, che mi accompagnano ancora oggi. È valigia pesantissima piena di esperienze, di pensieri, di paure. Ci sono tutte le estati in giro per l’Italia a suonare con la mia band, i miei amici di sempre, e tutte le storie che potremmo raccontare. I chilometri, i furgoni che ti lasciano a piedi, i soundcheck sotto il sole”
.Quanto c’è di autobiografico nei testi?
“Tantissimo, infatti. Però non tutto è autobiografico, mi piace anche spaziare oltre le mie esperienze. Qualche volta l’immaginazione e la fantasia hanno la meglio e mi diverto a inventare qualcuna delle storie che racconto”.
Il linguaggio della Generazione Z tradotto in note percepisci che riesce ad arrivare a un pubblico eterogeneo, specie quando ti esibisci nei live?
“Mi stupisco sempre di vedere un pubblico così variegato ai miei live ed è qualcosa che mi riempie di orgoglio. Ovviamente credo di parlare principalmente a chi appartiene alla mia generazione ma spesso vedo anche gente molto più grande e molto più piccola di me che apprezza la mia musica. A volte le canzoni fanno dei grandi giri e riescono ad andare oltre alle esperienze comuni di una sola generazione. Si incastrano nelle vite di persone che sembrano avere poco o niente in comune tra di loro.”
Quant’è utile oggi per un giovane artista la “palestra” dei Talent?
“L’esperienza di un talent può cambiarti la vita. È un’opportunità immensa per mettersi in gioco, per scoprirsi e soprattutto per studiare con alcuni professionisti di altissimo livello in questo settore. Detto questo, la palestra che io ho sempre preferito è quella che si fa sui palchi, partendo da quelli piccoli e facendo esperienza. Io non la cambierei con nulla al mondo”